BRACCONIERE DI EMOZIONI

BRACCONIERE DI EMOZIONI

 

“Mañana es el dia” aveva detto Victor fiutando l’aria. Abituato all’odore delle tempeste di questo estremo angolo di mondo, sembrava certo del miracolo. Da quanti giorni, immerso nella caligine umida dell’autunno patagonico che amalgama montagne, uomini e orizzonti in un limbo indefinito, aspettavo una schiarita? Desiderio violentato da una pioggia sottile, continua, filtrata da una coperta opprimente di nuvole e nebbia. Il bisogno assoluto di muovermi e la fede di Victor mi avevano spinto ad affrontare per l’ennesima volta, nella notte, la lunga salita al “mirador” che fronteggia il Cerro Torre. Ore di agonia perse nel buio ostile della notte, combattute alla cieca tra acquitrini gelidi ed erte di roccia. Ho piazzato il cavalletto, prendendo le ipotetiche misure di un mondo che posso solo immaginare. L’oscurità e la nebbia fredda, quasi palpabile, formano un muro impenetrabile. Aspetto, abbracciato allo zaino per rubargli un po’ di immaginario calore. Altri secondi, minuti, ore si aggiungono a giorni persi nell’attesa di qualcosa che ormai sembra non appartenere alla realtà. Desiderio di fuggire, dal freddo e dal buio. Ma c’è qualcosa di strano nell’aria, oggi, diverso da altre giornate consumate nell’aspettare. Improvvisa, la nebbia si alza, regalando contorni e profondità al mondo.

L’Urlo di Pietra, ago immenso piantato nel cielo, sconfigge il buio della notte. Una scintilla arancione incendia la punta, bruciando la roccia. Occhi e pensieri impazziscono. Attimi immobili, interrotti solo dal ronzio inarrestabile del motore della mia Nikon F100 in delirio. Tre, quattro minuti, poi l’incantesimo svanisce e la nebbia ritorna padrona del mondo, nascondendo il Cerro Torre.

Ma a me non importa più. Bracconiere, ho ingannato la preda. Adesso è mia. Per sempre...

Più di ogni altra, per me questa immagine rappresenta l’arte dell’attesa, premiata da una delle più belle immagini di montagna della mia carriera.                                                   

                                                                                                                                        Patagonia, marzo 2003